Quest’anno il Baluardo d’Inverno è stato un viaggio attorno al mondo, con l’Italia a fare da punto di partenza e d’arrivo. Il film di chiusura, Euforia di Valeria Golino, non ha deluso. La pellicola racconta le fasi dell’elaborazione del lutto che Matteo vive, in solitudine, da quando scopre che il fratello Ettore ha un tumore al cervello. La prima fase, quella di negazione, è il motore principale della vicenda e quella che influenzerà, come per effetto domino, tutti gli avvenimenti successivi. Quasi per tutto il film, Matteo sarà l’unico a conoscere la condizione di salute di Ettore che, rimbalzando da un dottore all’altro, porrà continue domande al fratello per comprendere meglio la sua condizione. Da una parte, quindi, c’è il dramma di Matteo, assolutamente incredulo e non intenzionato ad arrendersi davanti a un male così grande; dall’altra Ettore, con la sua inconsapevolezza ed il suo bagaglio familiare assolutamente poco roseo. L’anello di congiunzione di questi drammi sono proprio loro due, che - quasi estranei l’un l’altro – si ritroveranno a conoscersi proprio nel momento peggiore e definitivo della vita di Ettore.
Ma se i film del Baluardo sono conclusi, la manifestazione non lo è affatto! Lunedì 8 aprile, alle ore 21.00, ci sarà il doppio premio del pubblico e della giuria, composta dai ragazzi dell’Accademia. Sarà una decisione concorde o pubblico e giuria avranno premiato due film diversi? Ma, ancor più importante, l’ultima serata sarà dedicata alla proiezione dei cortometraggi realizzati da alcuni studenti dell’Accademia. Quattro i corti in proiezione: Dogs di Luca Giacomelli e Matteo Marchi; Collapse di Raffaele Silvestri; Clavis di Marco Galleni; e Herzeleid di Simone Cisarni.
Dogs racconta “la nostra città, ma è la città di chiunque ne riconosca i dettagli, ed è in pericolo. Dogs non vuole dire nulla, però vuole mostrare. Lasciando parlare le immagini e dando voce agli animali presenta reali scenografie devastate dall'uomo e dalla sua sete di denaro e di potere. Non c'è la finzione, solo la dura realtà che si trasforma in oggetto della narrazione poiché i segni del passato sono tangibili e raccontano da sé le drammatiche conseguenze di un disastro che si è lasciato alle spalle residui indelebili sull'ambiente e sulla salute delle persone. La città fantasma industriale è scarna, è abitata da cani, ha abbandonato i luoghi di ritrovo, si è chiusa in un bianco e nero soffocante. Le spedizioni nei luoghi delle riprese sentono l'influenza di Herzog, Tarkovskij, del monumentale documentario Koyanisqaatsi di Godfrey Reggio, di tutti quei registi che stanno formando cinematograficamente i due autori e sono accompagnate dall'unica grande arte in grado di dire tutto senza dire niente; la musica.”
Collapse “descrive un momento che almeno una volta tutti hanno passato, quel momento che dedichi a prepararti, a sentire l’ansia, sentire la gioia, sentire mille altre cose. Quel momento dove ogni cosa la senti più forte, più vicina. Ecco cosa è Collapse.”
Clavis è “un richiamo irresistibile, un enigma a domicilio. Da qui due prigionieri, l'uno dell'altro - tre se contiamo lo spettatore -, prigionieri a loro volta di dubbi e indecisioni, o forse solamente di un ordine prescritto. Una breve storia - una 'serratura' - che può adattarsi a più di una 'chiave' di lettura, ma non per questo facile da sbloccare.”
Herzeleid, infine, è una riflessione su “la nostra era è condizionata dalla violenza del tempo che, incredibilmente, è sempre meno. La velocità che pervade i nostri giorni aumenta in maniera esponenziale i nostri impegni, gli obblighi, le necessità e l’essere estremamente performativi in qualsiasi momento ed in qualsiasi rapporto sociale, lavorativo o sportivo che sia. Schiavi del tempo come del lavoro, ci creiamo obblighi che siamo poi costretti ad adempiere; ci facciamo dare ordini senza esserne consci; siamo alienati da noi stessi e non ce ne accorgiamo. Herzeleid (crepacuore in italiano) è la mia visione della vita frenetica d’oggi, dove persino il momento del pasto è diventato fugace, secondario, quasi inutile; noi, così dediti al lavoro, allo studio, ce ne freghiamo persino del cibo, che abbiamo in abbondanza, che buttiamo via senza vergogna. Herzeleid è come vedo il lato oscuro del mondo supertecnologico in cui viviamo. Herzeleid è l’altra faccia dello schermo.”
Che dire, non ci resta che scoprire i vincitori del Baluardo ma, soprattutto, i lavori dei ragazzi. A lunedì!
Nicolò Forcieri