Si svolgerà giovedì 24 marzo alle 15.00, per il ciclo 2021 - 2022 dei Racconti dell'arte, la conferenza “Aby Warburg. Fra antropologia e storia dell'arte” di Maurizio GHELARDI. L'incontro, moderato da Annamaria Ducci, avrà luogo nell'Aula Magna dell'Accademia di Belle Arti di Carrara e online su Google Meet, aperto agli studenti e a chiunque voglia partecipare.
L'incontro intende presentare il libro omonimo, edito nel 2021 da Einaudi. A leggere la vastissima bibliografia critica – e spesso agiografica – su Aby Warburg, si ha l’impressione che la sua opera, edita e inedita, così spesso citata, ricordata e utilizzata, sia tuttora avvolta da una luce crepuscolare, da quella che Nietzsche avrebbe chiamato «una notte di alberi scuri». L’intento di questa silloge, che raccoglie saggi, frammenti, conferenze, è delineare un orizzonte più nitido della sua ricerca, spesso così frammentaria, muovendo dagli interrogativi fondamentali che l’autore si è posto, e dalle funzioni che egli ha di volta in volta assegnato ai suoi scritti. È un tentativo – pur sempre parziale – di cogliere il senso e lo sviluppo del suo pensiero attraverso l’esercizio tipico e “violento” dell’interprete e del traduttore, che si fonda su un lavoro storico e filologico, e che si prefigge di contribuire a corrodere immagini scontate o ricorrenti mitologie. Detto altrimenti: si tratta di far emergere quella capacità di vedere in grande che un autore come Warburg richiede e pretende, visto che la sua riflessione è come una ragnatela che egli ha tessuto e tenacemente sviluppato e infittito nel corso della sua intera vita. Una ragnatela che si prefiggeva di indagare le modalità espressive che stanno a fondamento dell’orientamento umano e che sono oggettivate nei linguaggi, nei simboli, nei segni e nelle immagini. Perciò Warburg si era proposto di ampliare e amplificare la vita psicologica dell’uomo attraverso quel metodo che ha definito come psicostorico. Ma forse è destino dei grandi pensieri non comprendere fino in fondo se stessi. E Warburg è andato appunto spesso ben oltre le intenzioni che si era prefisso. Ciò spiega – almeno in parte – perché la sua opera sia stata modificata da tutti i presenti che si sono accavallati, e che non hanno esitato a interpretare e a disancorare il suo lascito dal contesto in cui era maturato. Certo è che senza decodificare il suo particolarissimo linguaggio è arduo cogliere come la sua produzione scritta e la sua attività volta a fondare la celebre Biblioteca siano connesse, siano nel loro insieme simili a un macrotesto che deve essere ricostruito e collegato internamente. Per penetrare il senso dei testi warburghiani occorre dunque adeguarsi alla mobilità delle formulazioni, distinguere ciò che è essenziale dal contingente, individuare in divenire la sua opera.
Maurizio Ghelardi insegna all'Università di San Paolo in Brasile. Ha vinto due finanziamenti europei (ERC) per la pubblicazione on-line delle lettere a Jacob Burckhardt, di cui continua a curare una parte dell'edizione critica delle opere. Recentemente ha pubblicato: Le stanchezze della modernità. Una biografia intellettuale di Jacob Burckhardt (2016), Aby Warburg et la «lutte pour le style» (2016), Follia e salvezza (2019). Si occupa prevalentemente di storia della cultura europea tra XIX e XX secolo, e di storiografia del Rinascimento, nonché dell'edizione critica di testi.